Parreno – Hypothesis
PHILIPPE PARRENO
HYPOTHESIS
Hangar Bicocca, 22 Ottobre-14 Febbraio 2015
NOI, INNESTI A PERCEZIONE RITARDATA
Gianluca Chioma
Interstizi. Set elements for “walkaround time”, il lavoro con cui Philippe Parreno ci accoglie alla sua
antologica italiana presso l’Hangar Bicocca si presenta non come una semplice opera associativa o di
comparazione, ma si interroga su una spaziatura che segue lo scollamento dell’immagine, una zona di
transizione ad aria compressa, interstizio, stato latente, dominio di un TRA, in cui noi, da subito,
veniamo chiamati ad una posizione di equilibrio per una messa in prospettiva con l’oggetto.
Piccoli circuiti scenografici che anticipano i Marquees, oggetti paragonabili a scatole, a vasi chiusi, luoghi
della trasmissione del segno-prigioniero. Chiamata anche Danny the street, l’installazione è concepita con la legge della serie i cui termini differiscono o il carattere di un gruppo i cui elementi si assomigliano 1. Trasmissione astrale che segue impersonalmente un divenire di situazione ottiche e sonore pure in
aperta discontinuità, non di confusione, ma di polarità tra soggettivo e oggettivo, reale e virtuale, fisico
e mentale: il processo di spaziamento ci include ed attraversa e ci colloca in un luogo di indiscernibilità che assicura i passaggi e le conversioni delle informazioni sonoro-visive.
Come sottoposti ad iniezioni di a-temporalità subiamo un continuum sonoro, di musica, parole e
rumori, tenacemente fuori campo; siamo coinvolti in processi di memoria involontaria tra scoperte e
reminiscenze in un barcollante allentamento senso-motorio che ci incastra in una posizione costruttiva
ed aperta di un Noi a ritmiche inassegnabili tra le facce del limpido e dell’opaco.
Le sequenze dei processi ottico-sonori non smettono mai di differenziarsi in due direzioni reversibili,
quella interattiva dei rumori e delle parole e quella riflessiva degli atti di parola e della musica: designano le linee di apprendimento del lavoro di Parreno in modo inequivocabile; egli non subordina il tempo al movimento anzi ne capovolge la subordinazione, come in Proust ci mostra i due getti, quello dei presenti che passano e quello dei passati che si conservano; stati di differenze interiorizzate.
Esige dall’oggetto questa duplice gravidanza, che rimanga attaccato a qualcosa che ha prodotto e al
tempo stesso che sia non completamente uscito dal proprio guscio, ancora prigioniero di un tempo allo
stato nascente; sono queste diffrazioni dell’oggetto che interessano l’artista.
L’installazione Another day with the another Sun, realizzata con Liam Gillick, è sospesa sul lato opposto
delle Marquees; una luce artificiale percorre lo spazio dell’Hangar grazie a dei carrelli mobili e proietta a
terra ed alle pareti bianche i profili degli oggetti della messa in scena.
1 Deleuze G., Marcel Proust e i segni, Torino: Einaudi, 1967, p. 78.
Rinegoziare lo statuto dell’oggetto ad ogni passaggio, la sua apparizione, la sua transitorietà, doppiarlo
ogni volta e metterlo in una nuova prospettiva di specificazione, divenire la sua contaminazione, esigenza fondamentale dell’artista: l’innesto consente l’approdo in questo intervallo di movimenti modulatori dello stampo Marquee ed insegue una suggestione tra le due installazioni, tra le percorrenze suono e luce nello spazio che mirano al massimo grado di elasticità tra l’attualità dell’oggetto e la virtualità dello stesso, pervenendo ad un contesto enigmatico di strane presenze che si profilano a getto-ombra come un paesaggio urbano fantascientifico.
Linee di apprendimento. Uno schermo posto nello spazio espositivo proietta in sequenza, The Boy
From Mars (2003), Invisibleboy (2010-2015), Marilyn (2012), The Crowd (2015); temi quali la dispersione di energia ed i cambiamenti di intensità luminosa, irradiamenti ed invisibilità, mostruazioni aliene, presenze ambigue o immagini incarnate, come dice l’artista, ricreate grazie ad algoritmi, automi che relegano in una realtà simulata e poi stati ipnotici: tutte posizioni e modi di una non-persona, essenze che si pongono qui e altrove, in zone ritmate da falsi raccordi, animate da sensi alogici o sopra-logici, Anywhere Out of the World (2000); ma anche demone dell’analogia, per cui una cosa può essere re-inscritta altrove, ritrasmessa, Mont Analogue (2001), l’idea di trasposizione da un formato all’altro, il fascio luminoso monocromo che traduce in codice morse il romanzo incompiuto di René Daumal.
In costante dialogo tra presenza ed assenza, ogni soggetto, umano, architettonico o artificiale risponde
agli echi di una musica che procede sempre da un fuori campo e che spesso conferisce un confinamento
specifico all’oggetto-soggetto; stato complicato, contrassegnato dal geroglifico e non dal logos, in cui
come in Alien Seasons (2002), la risposta al Reale è data attraverso la capacità mimetica dei cefalopodi a
cui l’artista si era interessato.
Immagine pulsione, superare forzando il pensiero attraverso l’istinto di una ritmica, With a Rhythmic
Instinction to be Able to Travel Beyond Existing Forces of Life (2014), lo sviluppo di un piano-sequenza che utilizzando l’animazione di centinaia di disegni di lucciole realizzate dall’artista stesso, segue e si insegue secondo l’algoritmo del “Gioco della vita”.
Immagine relazione: il progetto Snow Dancing (1995) esemplifica al meglio la ricerca di Parreno sulla
relazione tra tempo e visibilità delle opere; nel creare queste composizioni coreografate che seguono
uno script dato, l’attenzione cade sulle relazioni mentali in cui si può entrare a partire esclusivamente
dall’evento esposizione come unico Reale, medium oggetto d’arte.
Descrivere è osservare delle mutazioni (Godard), non perdere il filo, esplicare attraverso i raccordi dei
“o”, “dunque”, “se”, “perché”, “in effetti”, luoghi-comuni alla maniera di Glissant, dove leggiamo
sempre la freschezza del principio di un mondo che non smette mai di emettere segni primordiali 2
,segni che Noi dobbiamo decifrare e rinegoziare.
2 Deleuze G., L’immagine-tempo, Milano: Ubulibri, 1989, p. 46.